Domanda:
su questo se potrei vi darei 1000 punti??? caso: Eluana Englaro?
Klarkent-Napoli
2009-02-26 11:06:48 UTC
TEMA: devo fare un compito in classe che ne va della mia reputazione scolastica ma siccome nello scritto sono poco affidabile vi chiederei un aiuto, un quadro generale dalll'incidente di eluana, allo stato vegtativo ai vari dibattitti alla scelta finale. fatami un quadro generale sul testamento biologico, su tutto cio che e ruotato attorno a Eluana e su cos'e giusto tra la vita e la morte quando si e in queste condizioni. 10 punti al migliore assicurati!!!
Dieci risposte:
Mita
2009-02-27 11:59:34 UTC
Io sono rimasta colpita da alcuni commenti che ho letto su vari giornali e siti. In molti, riportando il parere dei lettori, hanno detto e scritto: "Finalmente hanno staccato le macchine che tenevano in vita Eluana". Oppure "Finalmente hanno staccato la spina" Ma a quali "macchine" si riferiscono? I medici e anche la suora stessa che ha assistito Eluana per 17 anni hanno dichiarato:

"Eluana non è mai stata attaccata a nessuna macchina/respiratore. Eluana ha sempre respirato da sola. Il cuore di Eluana batte da solo. I suoi polmoni funzionano da soli, così come tutti i suoi organi vitali. Solo l'alimentazione è assistita. Eluana apre e chiude gli occhi, ma non è mai stata dipendente da respiratori o similari.

Non c'erano macchinari intorno al letto di Eluana, non monitor, non grovigli di fili, né spettrali bip bip, freddi e disumani come echi di un altro mondo. Il suo letto aveva solo lenzuola candide e biancheria profumata: nulla più. E intorno al suo corpo si davano da fare a turno quattro fisioterapisti: non stava mai 'ferma', Eluana, grazie a loro, e così braccia e gambe erano tornite, non avvizzite e magre, il viso era paffuto, la pelle morbida come un velluto. Ogni giorno le suore la spalmavano di creme e pettinavano i suoi capelli ancora nerissimi... «Staccare la spina», si è detto, ma si faceva presto: non c’era niente che si potesse staccare, perché Eluana a niente era 'attaccata' se non, tenacemente, alla vita. Non le hanno nemmeno ferito la gola con la tracheotomia, perché respirava come tutti noi, autonomamente, non c’era traccia di cannule o tubi, niente che la potesse infettare con tremori di febbre... Era una disabile grave, ma non aveva malattie. Lo ha ammesso anche il neurologo Defanti, amico di suo padre - «è una donna molto sana». Troppo. Perché morisse non restava che negarle cibo e acqua, renderla 'terminale' per fame e per sete: un sistema infallibile".

Fonte:

http://www.avvenire.it/Cronaca/Eluana+vita+quotidiana.htm



Io ritengo che Eluana fosse viva, infatti è morta dopo 4 giorni di assenza di cibo e acqua. Dopo 4 giorni senza acqua forse morirei anche io. A mio parere in questo caso non si può parlare di accanimento terapeutico purché, come spesso detto, ad Eluana non veniva applicata nessuna terapia. Aveva solo il sondino per l'alimentazione.

Secondo me è grave che i mass-media usino con superficialità e in modo non veritiero termini come "accanimento terapeutico" o "staccare la spina".

L'alimentazione non rientra in nessuna terapia. Continuare a nutrire una persona non è "accanimento" , l'alimentazione rientra nei bisogni naturali dell'uomo nel senso che tutti abbiamo bisogno di cibo e acqua per vivere. Sarebbe "accanimento terapeutico" se con tanti macchinari e medicine si tiene in vita per forza qualcuno. Nutrire una persona non è accanimento terapeutico, Eluana non era “tenuta in vita” da strumenti esterni, Eluana viveva da sola senza nessun ausilio, era solo assistita nell'alimentazione.

L’alimentazione assistita tramite sondino non è “alimentazione artificiale”, si parla di “alimentazione artificiale”, quando una persona è nutrita tramite P.E.G. Mi fa soffrire pensare che alla fine Eluana sia morta per mancanza di cibo e di acqua,

anche dal punto di vista medico essere alimentati con un sondino non è sinonimo di "essere attaccati ad una macchina"

Secondo me, purtroppo, la stampa non ha dato corrette informazioni e poi la gente si crea opinioni sbagliate.



Mi sorgono vari interrogativi: nel codice del Diritto è ribadito più volte che la volontà deve essere espressa tramite atto scritto affinché tale manifestazione di volontà si possa ritenere valida. Anche per la vendita di un immobile, per delegare qualcuno ecc, tutto deve essere fatto tramite atto scritto, altrimenti non è valido. Quindi mi chiedo come mai sia stata data tanta importanza e validità al fatto che Eluana a 18 anni avrebbe detto che nel caso fosse successa una cosa così sarebbe voluta morire. Da quando il Diritto si basa sul "mi aveva detto" ?

Per quanto riguarda la volontà di Eluana non c'è nessun atto scritto. A 18 anni nel pieno della vita, senza magari pensarci o rifletterci veramente, Eluana potrebbe aver anche detto una cosa del genere. Bisogna tener conto dell'età e del contesto in cui tali affermazioni siano state fatte. Io non credo che a 18 anni Eluana abbia preso una tale decisione motivandola e parlandone a lungo, riflettendoci bene. Poi c'è tutta la questione se sia veramente vero che Eluana abbia espresso veramente tale volontà. Penso che tutti avrete letto nei giorni scorsi la lettera di Crisafulli in cui smentisce tale cosa:

http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo440590.shtml
tittyinlove.1992
2009-02-26 12:39:55 UTC
We ciao...ecco:





Eluana

Sono ormai dieci anni che Eluana "dorme": da quel mattino di gennaio, quando la ragazza viene ricoverata a Lecco in coma profondo per un gravissimo trauma cranico riportato nell'incidente. Come se non bastasse, la frattura della seconda vertebra cervicale la condanna quasi sicuramente alla paralisi totale. Ma sul momento la cosa più urgente, per i medici, è strappare la ragazza dalla morte. Per questo motivo viene intubata e le vengono somministrati i primi farmaci. I due rianimatori fanno capire chiaramente ai genitori che in questi casi non resta che attendere il decorso delle successive 48 ore, per vedere come reagisce Eluana. Niente, la ragazza continua a vegetare. Dimessa dalla rianimazione nell'aprile 1992, viene portata in un altro reparto dell'ospedale di Lecco, dove è sottoposta a una serie di stimoli, nella speranza di un sempre più improbabile "risveglio". Intanto il padre, consigliato dal primario del reparto di rianimazione Riccardo Massei, chiede un consulto a vari specialisti. Ma il verdetto è sempre lo stesso: bisogna aspettare. Il lavoro che stanno facendo all'ospedale di Sondrio - dove Eluana viene trasferita nel giugno 1992 - è ineccepibile. Poi la solita frase: "La speranza è l'ultima a morire". In realtà la speranza si riduce ben presto a zero. Infatti dopo dodici mesi è possibile fare una diagnosi definitiva e sicura di stato vegetativo permanente, ossia irreversibile. La regione superiore del cervello (corteccia), compromessa come nel caso di Eluana da un trauma oppure da un'emorragia, va incontro a una degenerazione definitiva. E con essa tutte le funzioni di cui è responsabile: dall'intelletto agli affetti, e più in generale alla coscienza. Il limite dei dodici mesi è dato per assodato a livello internazionale. Tanto che, passato quel periodo, la British Medical Association e la American Academy of Neurology sostengono la legittimità di sospendere nutrizione e idratazione artificiale. Ma non in Italia, dove la maggior parte dei medici non si azzarda ancora a dire chiaramente che tenere in vita più a lungo questi pazienti possa essere definito accanimento terapeutico. Ed ecco come vive ancora oggi Eluana: i suoi occhi si aprono e si chiudono seguendo il ritmo del giorno e della notte, ma non ti vedono. Le labbra sono scosse da un tremore continuo, gli arti tesi in uno spasimo e i piedi in posizione equina. Una cannula dal naso le porta il nutrimento allo stomaco. Ogni mattina gli infermieri le lavano il viso e il corpo con spugnature. Un clistere le libera l'intestino. Ogni due ore la girano nel letto. Una volta al giorno la mettono su una sedia con schienale ribaltabile, stando attenti che non cada in avanti. Poi di nuovo a letto. Commenta Carlo Alberto Defanti, primario del reparto di neurologia dell'ospedale Niguarda di Milano, che ha visitato Eluana alcuni anni fa: "Malgrado non soffra direttamente per il suo stato, dovrebbe essere chiaro a tutti che la sua condizione è priva di dignità. Di lei rimane un corpo privo della capacità di provare qualsiasi esperienza, totalmente nelle mani del personale che la assiste. La sua condizione è penosa per coloro che la assistono e che hanno ormai perduto da tempo la speranza di un risveglio e per i suoi genitori, che hanno perso una figlia ma non possono elaborarne compiutamente il lutto". La macchina legale si mette in moto tra il '96 e il '97. Defanti, su richiesta del padre, stila una prognosi definitiva: "In considerazione del lunghissimo intervallo trascorso dall'evento traumatico, si può formulare una prognosi negativa quanto a un recupero della vita cognitiva". La corteccia cerebrale di Eluana è sconnessa dal resto del cervello. Per sempre. Il consulto del neurologo compare, insieme ad altri documenti, nel procedimento di interdizione di Eluana da parte del padre, che nel 1997 ne diventa tutore. E' Maria Cristina Morelli, un brillante avvocato milanese, a utilizzare la figura del tutore dell'interdetto (che di solito si occupa solo di quattrini) per consentire a una persona incapace di esprimere la propria volontà attraverso un rappresentante. E la sentenza della Corte d'Appello di Milano del dicembre 1999, anche se drammaticamente rigetta la richiesta di rifiuto delle cure con motivazioni da molti giudicate deboli, non solleva obiezioni su questo punto. "E' un passo importante della giurisprudenza" commenta la Morelli "perché si ammette che anche persone nello stato di Eluana possano esercitare il diritto di dare o negare il consenso informato alle cure attraverso un rappresentante. Con tutte le garanzie e i controlli che la legge prevede rispetto alla figura del tutore dell'interdetto. Mi sembra un buon inizio per colmare la disuguaglianza tra chi, maggiorenne e nel pieno delle facoltà mentali, può esercitare la sua libertà di scelta fino al punto di rifiutare cure che gli salverebbero la vita, e chi invece non può perché in condizioni d'inconscienza". Per rendere meno labile questo diritto degli "in
Irenuccia.....xD
2009-02-26 11:17:31 UTC
povera ragazza....

lasciamola in pace visto k finalmente ha finito di soffrire....
umby.siro
2009-02-26 11:52:29 UTC
beeelllla io sul tema di eluana mi sn già cattato il mio bel 7 e mezzo e sn a posto
Icarus
2009-02-26 11:28:12 UTC
Eluana Englaro (Lecco, 25 novembre 1970 – Udine, 9 febbraio 2009) è stata una donna italiana che, a seguito di un incidente stradale, ha vissuto in stato vegetativo per 17 anni, fino alla morte naturale sopraggiunta a seguito della sospensione delle cure.



La richiesta della famiglia di interrompere l'alimentazione forzata, considerata un inutile accanimento terapeutico, ha sviluppato un notevole dibattito sui temi legati alle questioni di fine vita. Dopo lungo iter giudiziario, l'istanza è stata accolta dalla magistratura [1] per mancanza di possibilità di recupero della coscienza, ed in base alla volontà della ragazza, ricostruita tramite testimonianze.



Il caso Englaro, alimentato anche da notizie soggettive e divergenti riguardo alle sue reali condizioni fisiche [2] [3], ha portato alla luce alcune gravi lacune del sistema giuridico italiano per quanto riguarda vicende bioetiche analoghe, riaprendo il dibattito su una eventuale legge che prenda in considerazione forme di testamento biologico [4].



Il caso Englaro ed il contesto normativo

La vicenda di Eluana Englaro ha alimentato in Italia un ampio dibattito, mediatico prima, politico-istituzionale poi, sui temi legati alle questioni di fine vita. Una parte dell'opinione pubblica, prevalentemente vicina alla Chiesa cattolica, si è dichiarata contraria all'interruzione della nutrizione artificiale (mediante sondino nasogastrico), considerata equivalente all'eutanasia [5]. Un'altra parte del Paese, prevalentemente di area laica, ma anche ambienti vicini ad altre professioni religiose [6], si sono dichiarati favorevoli al rispetto della ricostruita volontà della diretta interessata pur in assenza di un formale testamento biologico.



Il punto principale delle divergenze riguarda l'alimentazione e l'idratazione, ossia se considerarle un trattamento sanitario (e dunque permettendo di configurarle come accanimento terapeutico, sulla base dell'art. 32 della Costituzione Italiana [7] e del Codice di Deontologia Medica) oppure ordinari mezzi di sostentamento (dunque configurando la loro sospensione come omissione o addirittura come una forma di eutanasia). Altro punto di discussione è se la loro eventuale sospensione possa essere effettuata da terzi in mancanza di una diretta ed esplicita volontà del paziente.



A livello internazionale, dal punto di vista scientifico e bioetico, sembrerebbe che le interpretazioni prevalenti siano quelle di considerare l'alimentazione e l'idratazione forzata, anche per individui in stato vegetativo persistente, come un trattamento medico liberamente rifiutabile dal paziente o dal suo rappresentante legale [8][9], mentre in Italia il Comitato nazionale di bioetica si è espresso (nel 2005) in modo differente ed ambiguo [10]. Il Codice di Deontologia Medica, riguardo alla sospensione dell'alimentazione, afferma che «se la persona è consapevole delle possibili conseguenze della propria decisione, il medico non deve assumere iniziative costrittive né collaborare a manovre coattive di nutrizione artificiale, ma deve continuare ad assisterla» [11].



Riguardo alla decisione sulla sospensione delle terapie da parte di terzi, lo stesso Codice di Deontologia Medica, all'articolo 34, afferma che il medico, in assenza di una esplicita manifestazione della volontà del paziente, dovrà comunque tenere conto delle precedenti manifestazioni di volontà dallo stesso [12], in aderenza alla Convenzione europea di bioetica del 1997, ratificata dal Parlamento Italiano [13].





Vicende giudiziarie

L'incidente stradale avvenne il 18 gennaio 1992, al ritorno da una festa a Pescate, paese alle porte di Lecco.



Secondo dichiarazioni della famiglia Englaro, appena resisi conto della situazione disperata di Eluana, hanno iniziato a chiedere ai medici la sospensione dei trattamenti.



Beppino Englaro ha iniziato a chiedere per via giudiziaria la sospensione dell'alimentazione artificiale e delle terapie nei confronti della figlia Eluana a partire dal 1999, portando a supporto della richiesta diverse testimonianze volte a dimostrare l'inconciliabilità dello stato in cui si trovava e del trattamento di sostegno forzato che le consentiva artificialmente di sopravvivere (alimentazione/idratazione con sondino naso-gastrico) con le sue precedenti convinzioni sulla vita e sulla dignità individuale [1].



Il procedimento è arrivato fino alla Corte di Cassazione che nel marzo 2006 ha respinto le richieste della famiglia Englaro per un vizio del procedimento. Il ricorso, a suo tempo, non era stato notificato ad alcuna controparte portatrice di un interesse contrario a quello di Eluana Englaro. Il ricorso era stato presentato ai sensi del citato articolo 32 della costituzione italiana: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana» [7].



A seguito di un nuovo ricorso del padre, la Corte di Cassazione ha rin
giuggiola
2009-02-26 11:19:16 UTC
eluana era ormai 1 donna di 34 anni allo stato di coma vegetativo da 17. il padre già molte volte si era presentato dai giudici per porre fine alle sue sofferenze ma ogni volta nn veniva ascoltato. in questi ultimi tempi si era presentata 1 clinica disposta a farla morire sospendendo l'alimentazione e l'idratazione ma poi si è rifiutata. se ne è presentata 1 altra dove lei è stata poi portata e fatta morire 1 settimana fa alle 19.10 circa. il referto medico ha poi stabilito ke lei era morta x disidratazione (no acqua). ora beppino englaro (il padre) è sicuro di aver fatto la cosa giusta, io nn credo. la chiesa era contro qs pratica xkè cmq lei era viva, organi nn danneggiati, doveva solo essere nutrita.

secondo me nn dovevano farla morire xkè nex ha il diritto di far morire 1 essere umano se nn il Padre Eterno. SPERO DI ESSERTI STATA D'AIUTO ALMENO UN POKINO... CIAO
anonymous
2009-02-26 11:18:36 UTC
Beh, non sono molto informata su questo caso, so solo che Eluana ebbe un incidente diciassette anni fa e che la conseguenza fu il coma vegetativo. Poi non so come venne affidata a delle suore che la curarono finchè non morì. Il padre, che aveva deciso di staccare l'alimentazione, voleva che ci fosse una legge che permettesse l'eutanasia per questi casi. Guarda, della vita e della morte nessuno può saperne più di chiunque altro. La Chiesa insiste sul fatto che l'eutanasia non è la soluzione: personalmente, io sono d'accordo su molte opinioni ecclesiastiche, come quella sull'aborto, ma in questi casi io sarei favorevole a staccare l'alimentazione. E' vero che non si può eliminare la sofferenza eliminando il sofferente, ma non facciamo forse un torto a queste persone? "Facciamole vivere". Ma che razza di vita è la loro? Non sappiamo nemmeno se sentano qualcosa, e se anche sentono, vi immaginate cosa possono provare? Dio... Eluana prima del genere aveva chiesto esplicitamente al padre di non farla vivere in una condizione del genere. Comunque, mi dispiace ma del testamento biologico non so nulla... ti do un consiglio: raccogli quante più informazioni possibile, ma sull'alrgomento della vita e della morte, prova a ragionarci un po' su e a farti un'idea tua, qualsiasi essa sia. A volte può essere interessante confrontare le idee proprie con quelle degli altri.
°Paquita°
2009-02-26 11:12:26 UTC
ma basta con eluana per carità!è morta,lasciamola dov'è!

diglielo alla tua prof.......
gt5_mark92
2009-02-26 11:11:15 UTC
chiedilo alla prof
anonymous
2009-02-26 11:09:19 UTC
allora:

Eluana Englaro (Lecco, 25 novembre 1970 – Udine, 9 febbraio 2009) è stata una donna italiana che, a seguito di un incidente stradale, ha vissuto in stato vegetativo per 17 anni, fino alla morte naturale sopraggiunta a seguito della sospensione delle cure.



La richiesta della famiglia di interrompere l'alimentazione forzata, considerata un inutile accanimento terapeutico, ha sviluppato un notevole dibattito sui temi legati alle questioni di fine vita. Dopo lungo iter giudiziario, l'istanza è stata accolta dalla magistratura [1] per mancanza di possibilità di recupero della coscienza, ed in base alla volontà della ragazza, ricostruita tramite testimonianze.



Il caso Englaro, alimentato anche da notizie soggettive e divergenti riguardo alle sue reali condizioni fisiche [2] [3], ha portato alla luce alcune gravi lacune del sistema giuridico italiano per quanto riguarda vicende bioetiche analoghe, riaprendo il dibattito su una eventuale legge che prenda in considerazione forme di testamento biologico [4].



Il caso Englaro ed il contesto normativo

La vicenda di Eluana Englaro ha alimentato in Italia un ampio dibattito, mediatico prima, politico-istituzionale poi, sui temi legati alle questioni di fine vita. Una parte dell'opinione pubblica, prevalentemente vicina alla Chiesa cattolica, si è dichiarata contraria all'interruzione della nutrizione artificiale (mediante sondino nasogastrico), considerata equivalente all'eutanasia [5]. Un'altra parte del Paese, prevalentemente di area laica, ma anche ambienti vicini ad altre professioni religiose [6], si sono dichiarati favorevoli al rispetto della ricostruita volontà della diretta interessata pur in assenza di un formale testamento biologico.



Il punto principale delle divergenze riguarda l'alimentazione e l'idratazione, ossia se considerarle un trattamento sanitario (e dunque permettendo di configurarle come accanimento terapeutico, sulla base dell'art. 32 della Costituzione Italiana [7] e del Codice di Deontologia Medica) oppure ordinari mezzi di sostentamento (dunque configurando la loro sospensione come omissione o addirittura come una forma di eutanasia). Altro punto di discussione è se la loro eventuale sospensione possa essere effettuata da terzi in mancanza di una diretta ed esplicita volontà del paziente.



A livello internazionale, dal punto di vista scientifico e bioetico, sembrerebbe che le interpretazioni prevalenti siano quelle di considerare l'alimentazione e l'idratazione forzata, anche per individui in stato vegetativo persistente, come un trattamento medico liberamente rifiutabile dal paziente o dal suo rappresentante legale [8][9], mentre in Italia il Comitato nazionale di bioetica si è espresso (nel 2005) in modo differente ed ambiguo [10]. Il Codice di Deontologia Medica, riguardo alla sospensione dell'alimentazione, afferma che «se la persona è consapevole delle possibili conseguenze della propria decisione, il medico non deve assumere iniziative costrittive né collaborare a manovre coattive di nutrizione artificiale, ma deve continuare ad assisterla» [11].



Riguardo alla decisione sulla sospensione delle terapie da parte di terzi, lo stesso Codice di Deontologia Medica, all'articolo 34, afferma che il medico, in assenza di una esplicita manifestazione della volontà del paziente, dovrà comunque tenere conto delle precedenti manifestazioni di volontà dallo stesso [12], in aderenza alla Convenzione europea di bioetica del 1997, ratificata dal Parlamento Italiano [13].





Vicende giudiziarie

L'incidente stradale avvenne il 18 gennaio 1992, al ritorno da una festa a Pescate, paese alle porte di Lecco.



Secondo dichiarazioni della famiglia Englaro, appena resisi conto della situazione disperata di Eluana, hanno iniziato a chiedere ai medici la sospensione dei trattamenti.



Beppino Englaro ha iniziato a chiedere per via giudiziaria la sospensione dell'alimentazione artificiale e delle terapie nei confronti della figlia Eluana a partire dal 1999, portando a supporto della richiesta diverse testimonianze volte a dimostrare l'inconciliabilità dello stato in cui si trovava e del trattamento di sostegno forzato che le consentiva artificialmente di sopravvivere (alimentazione/idratazione con sondino naso-gastrico) con le sue precedenti convinzioni sulla vita e sulla dignità individuale [1].



Il procedimento è arrivato fino alla Corte di Cassazione che nel marzo 2006 ha respinto le richieste della famiglia Englaro per un vizio del procedimento. Il ricorso, a suo tempo, non era stato notificato ad alcuna controparte portatrice di un interesse contrario a quello di Eluana Englaro. Il ricorso era stato presentato ai sensi del citato articolo 32 della costituzione italiana: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana» [7].



A seguito di un nuovo ricorso del padre, la Corte di Cassazione ha rinviato il caso «ad una diversa sezione della Corte d'Appello di Milano». La sentenza numero 21748/2007 depositata il 16 ottobre 2007 ha stabilito due presupposti necessari per poter autorizzare l'interruzione dell'alimentazione artificiale:



Occorre che «la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre la benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno» [14].

Occorre altresì «che tale istanza sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, univoci e convincenti, della voce del paziente medesimo, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l'idea stessa di dignità della persona» [14].

Con decreto del 9 luglio 2008, la Corte d'Appello Civile di Milano ha autorizzato il padre Beppino Englaro, in qualità di tutore, ad interrompere il trattamento di idratazione ed alimentazione forzata che manteneva in vita la figlia Eluana per «mancanza della benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno».[1][15]



Le Suore Misericordine di Como, che dal 1994 si sono occupate di Eluana presso la casa di cura Beato Luigi Talamoni di Lecco, si sono rifiutate di interrompere l'idratazione e l'alimentazione forzate manifestando la disponibilità a continuare ad assistere la donna. Per tale motivo il padre ha deciso di trasferire la figlia presso altra struttura ove dare seguito alle sue volontà (certificate nel decreto attraverso le testimonianze).



A seguito della decisione della Corte di Cassazione vi sono state varie manifestazioni, come quella a favore promossa dai Radicali Italiani[16] e quella contraria promossa dal giornalista Giuliano Ferrara. Sono stati inoltre presentati alcuni appelli, come quello dell'associazione Scienza & Vita[17] e quello del giornalista Magdi Allam[18] favorevoli alla continuazione delle cure e, sul versante opposto, quello dei Radicali di Lecco[19].



In riferimento a quest'ultima sentenza, entrambi i rami del Parlamento italiano hanno votato la promozione di un conflitto di attribuzione contro la Corte di Cassazione, ritenendo che la sentenza dell'ottobre 2007 costituisca «un atto sostanzialmente legislativo, innovativo dell'ordinamento normativo vigente», come indicato dalla relazione di maggioranza della Commissione Affari Costituzionali annunciata in aula il 22 luglio 2008[20]. Tale atto è stato respinto dalla Consulta.



La Procura della Repubblica di Milano ha a sua volta presentato ricorso contro il decreto della corte d'appello. Tuttavia il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione[21], scatenando altre polemiche.



Il 13 novembre 2008 la Corte Suprema di Cassazione ha respinto il ricorso della procura di Milano contro l'interruzione di alimentazione e idratazione artificiale, accogliendo così la volontà del padre di Eluana. Nel merito del provvedimento alcuni giuristi hanno criticato le motivazioni con cui la Cassazione ha rigettato il ricorso del pubblico ministero. [22].



Il 16 dicembre 2008 il ministro Maurizio Sacconi ha emanato un atto d'indirizzo che vieta alle strutture sanitarie pubbliche e quelle private convenzionate col Servizio Sanitario Nazionale l'interruzione dell'idratazione e dell'alimentazione forzate con la minaccia di escludere queste strutture dallo stesso [23]; lo stesso giorno, la casa di cura Città di Udine (che non fa parte del Servizio Sanitario Nazionale in quanto il Friuli-Venezia Giulia ne è uscito dal 1996) ha annunciato che una volta chiarite le questioni legali sarebbe stata pronta ad accogliere Eluana. Quasi un mese dopo la casa di cura tuttavia ha ritirato tale disponibilità.



Il 19 dicembre 2008 Marco Cappato (segretario dell'Associazione Luca Coscioni), Antonella Casu (segretaria dei Radicali Italiani), e Sergio D'Elia (segretario di Nessuno Tocchi Caino), hanno presentato denuncia verso il Ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, presso la Procura di Roma, per violenza privata ed intimidazioni [24], in seguito al suo atto d'indirizzo[25] di pochi giorni prima.



Il 22 dicembre 2008 anche la Corte europea per i diritti dell'uomo ha respinto le richieste di varie associazioni contrarie all'interruzione dell'alimentazione e dell'idratazione non giudicando sul caso specifico ma semplicemente considerando la richiesta "irricevibile" in quanto «i ricorrenti non hanno alcun legame diretto».


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